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Opera d'Arte - Eros

 
Osservo i riflessi di luce su tuo corpo.
Ti accarezzano meglio di quanto potrei fare io. Ti accarezzano meglio di quanto potrebbe fare qualsiasi altro essere umano che popola questa terra. Non uno esiste, degno di posare le mani sul tuo splendido corpo di mirra e alabastro. Nessuno, che possa farlo impunemente, senza violare le leggi della sacralità dovute alla Natura.
Flessuosa e pigra, ti abbandoni sul piccolo sofà e rimani così, con gli occhi chiusi, a farti coccolare dai raggi delicati del sole che entra dalle persiane socchiuse.
Giri leggermente il volto e mi rivolgi quell’occhiata obliqua, così sensuale e ambigua, che non riesco mai a decifrare. Poi guardi su, e mi perdo a scrutare tra le folte ciglia nere, quegli occhi di ambra e di sfinge, che tutto celano e nulla rivelano. Cerco una risposta che non riesco a trovare, che non avrò mai.
E’ così difficile catturare con una pennellata la tua essenza. Illuso io che avevo creduto di vincere questa impresa. E’ tutto inutile, sai?
Ti osservo, trovando un senso nell’Universo. Adagiata languidamente, non sai di essere così sensuale, ignori la tua bellezza e i sentimenti che scatena dentro di me. Percorro ogni centimetro della tua pelle, e vi trovo solo meraviglie, una dopo l’altra.
Le spalle piccole e le braccia femminili sembrano create per abbracciare la bellezza del creato.
I seni alti e tondi sono come mele mature e succose.
I capezzoli turgidi e arricciati dalla brezza primaverile che entra dalla finestra socchiusa trionfano sulle tue rotondità.
Il ventre, interrotto dolcemente dall’ombelico perfetto, si incontra con la lieve altura, liscia e delicata, creando un’armonia indescrivibile.
Le gambe, lunghe e sottili, iniziano a trattenere i colori del sole.
I piedi, curati e lievi, sembrano creati per essere baciati e adorati.
Mi arrendo. Dò un’occhiata alla mia tela. Ti guardo nuovamente. Scuoto la testa. Sono deluso.
Lascio il pennello piccolo per le rifiniture e prendo con decisione quello più largo, lo intingo nel colore nero, alzo il braccio e sfido il dipinto: non ha nulla della Venere adagiata sul sofà, e come potrebbe? La tecnica non è mancante, il polso è fermo, la pennellata nitida. Ma io... non sono Dio. Non riuscirei in mille anni a riprodurre la sua sensualità e la bellezza. Non riuscirei.
Sento una mano che si stringe attorno al mio braccio. Un brivido mi percorre tutto il corpo e mi volto a guardare lei.
Lei, che mi sorride e mi ammicca, dicendomi a bassa voce, con quella voce rauca e intrigante, di non fare sciocchezze, confessandomi che il quadro le piace tanto.
Appoggio il pennello e lei, come una bambina, si appoggia a me e mi abbraccia con tenerezza, nascondendo il suo viso sul mio petto. E in questo momento, solo in questo momento, sono in pace col mondo, sono in pace con Dio.


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