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La Sibilla - Eros Storico

 
Nella penombra del boudoir Sibilla passò la mano tra le sue ciocche nere come la pece, sospirando tra sé: i capelli lunghi, lisci e lucidi come la seta le ricadevano sulle spalle e sulla schiena creando un contrasto elegante con la pelle bianca e incipriata. Il corsetto allacciato con noncuranza lasciava maliziosamente uscire un seno, imponente per la forma tonda e perfetta, da cui spiccava il colore bruno del piccolo capezzolo. Sibilla se ne vergognava: quanto avrebbe desiderato poter avere un colore rosato come quello di Annie e delle altre ragazze della casa. Eppure questa sua particolarità era apprezzata dagli uomini, che quando venivano a far visita a Madame de Lilè la cercavano spesso e pagavano bene per passare un po’ di tempo con lei.
“Non sono né carne né pesce” ripeteva spesso a bassa voce guardandosi allo specchio. Anche quella mattina disse lo stesso. Lineamenti alteri da regina e pelle di latte, ma capelli e forme da selvaggia, come quelle di cui si raccontava nei romanzi di avventure nelle Indie. Non si era mai chiesta chi fossero i suoi genitori e in fondo non le interessava, ma si era domandata spesso se in lei non scorresse un po’ di quel sangue esotico così misterioso e lontano di cui si leggeva solo nei libri.
Prese una spazzola dalla toletta e iniziò ad accarezzare la chioma, odorando i profumi intensi dell’incenso che bruciava e dei fiori freschi nel vaso cinese, appoggiato al grande comò di mogano: glieli aveva portati Marie per addolcire i colori dell’alcova e renderla più intima. Sarebbe arrivato a breve un cliente importante, non doveva deluderlo o sarebbero stati dolori con la Signora.
Madame de Lilè le aveva fatto capire sin da subito chi comandava. Il giorno in cui si era presentata in Rue de la Chapelle l’aveva fatta spogliare e l’aveva toccata a lungo: aveva tastato i seni e i glutei, l’aveva guardata tra le gambe di gazzella per vedere se avesse avuto qualche strana malattia o qualche piattola, le aveva fatto sciogliere i capelli dallo chignon e aprire la bocca per guardarle la dentatura. Si era sentita un animale da soma. Alla fine di quella accurata analisi la Signora era sembrata quasi stupefatta dalla perfezione di quel corpo e di quel viso, ma era stata brava a non darlo troppo a intendere. Si era limitata ad assumerla: “Italiana, eh? Sei l’unica qui dentro. Non sono solita accettare straniere, qui ci sono solo parigine purosangue, raffinate, passionali. Questo è quello che cercano i miei clienti, quindi vedi di adattarti o ci metto un istante a sbatterti fuori. Vieni, ti assegno la tua stanza”.
E così in un batter di ciglio si era ritrovata in quel piccolo boudoir, arredato con busti settecenteschi, tende pesanti e mobili di lusso che sembravano arrivare direttamente dalla camera da letto di Maria Antonietta di Francia di centocinquant’anni prima. Una bella differenza tra quella e il buco di stanza d’albergo in cui aveva vissuto per qualche settimana, finchè non aveva finito i soldi per pagare il proprietario. Forse venire a Parigi senza la sicurezza di un lavoro serio non era stata una grande idea. Forse avrebbe dovuto rimanere in Italia, cercarsi un uomo dabbene, sposarsi. Ma chi avrebbe desiderato una ragazza senza passato e senza dote, cresciuta in orfanotrofio?
Il campanello che annunciava l’arrivo dell’ospite interruppe i suoi pensieri.
“Sibilla! Vieni ad accogliere Monsieur Jacques come si deve!” la voce della Signora era sempre così alta che le feriva le orecchie.
La ragazza si lasciò sfuggire un gemito, appoggiò la spazzola e si alzò in un frusciare di stoffe e pizzi, accomodandosi il corsetto mentre si dirigeva alla porta del grande appartamento. Arrivò nel lussuoso atrio, dove Madame de Lilè era già impegnata a recitare le cerimonie da ruffiana, in cui era esperta.
“Eccola... non è meravigliosa?” disse all’uomo la Signora rivolgendogli un largo sorriso. Gli occhi di lui ebbero un guizzo di approvazione e di immediato desiderio, e la sua lingua passò silenziosa e impercettibile sul labbro superiore inumidendolo appena, prima di esordire con un commento: l’atrio si riempì del suo timbro profondo.
“Mi avevano parlato molto bene delle vostre ragazze, e soprattutto di questa Sibille: ma la visione supera di gran lunga l’immaginazione, Madame... è... stupefacente...”
La donna lo ringraziò complimentosa e prendendo Sibille per un braccio la spinse verso di lui, ordinandole melliflua di essere gentile e accompagnando le sue innucue parole con uno sguardo di fuoco. Con la grazia di chi è stata educata ad essere gentile, ma senza una parola o un sorriso, la ragazza fece strada all’uomo e lo portò nella sua camera. Dalle tende appena aperte entrava una lama di luce che tagliava a metà la penombra e finiva sul morbido cuscino di piume. Sibille chiuse la porta alle sue spalle e guardò Monsieur Jacques, che senza scomporsi si sedette sul bordo del letto e iniziò ad osservarla. Con un cenno le fece capire che doveva spogliarsi.
La ragazza si voltò di spalle come faceva sempre, come se mostrare subito e impudicamente il suo sesso non le piacesse. Portò dietro le mani e con le dita iniziò a sciogliere lentamente i lacci del corsetto, dal basso verso l’alto. Quando il corsetto cadde a terra l’uomo si lasciò sfuggire un mugolìo e Sibille fremette: aveva visto la sua espressione prima, nell’atrio. Ne aveva avuto paura. Con un movimento sfilò la lunga gonna e la sottogonna in merletto, rimanendo completamente nuda e mostrando nell’ombra dell’alcova il sedere alto e sodo: le fossette sulle natiche, lievemente accennate ma così perfette, la rendevano simile a Venere e all’antica bellezza greca.
“Voltati e guardami” disse l’uomo con voce bassa e spezzata. Sibilla obbedì docile, e quando si girò vide in quegli occhi che prima l’avevano bramata un senso di religiosa venerazione. Erano lucidi. Monsieur Jacques stava piangendo di commozione, mentre osservava la curva perfetta dei fianchi, il ventre morbido, il seno florido ornato da quei piccoli bottoni di scura madreperla, le lunghe gambe e i piedi piccoli e curati.
“Chi sei tu, mia dea...” le chiese senza respiro. Fu lì che lei lo vide davvero per la prima volta. I vestiti eleganti, l’espressione severa ora abbandonata nella contemplazione, i capelli ben pettinati e brizzolati, le mani lunghe ed eleganti, le labbra grosse e le sopracciglia nere: lo osservava confusa chiedendosi chi fosse, per quale motivo era un cliente importante, perchè invece di prenderla con la forza, o spingerla sul letto senza dire una parola, le aveva chiesto di spogliarsi e lasciarsi adorare in quel modo. Guardava la sua bocca aperta nello stupore, e si avvicinò lentamente: sentiva di potersi fidare, di potergli donare ciò che andava cercando forse da una vita intera.
Gli si sedette in grembo e lo baciò sulle labbra a lungo, col suo viso tra le mani. Gli tolse la pesante giacca, il panciotto e la camicia, infine i pantaloni e lo fece distendere sul morbido letto: gli dava quarant’anni o più, ma sembrava un bambino impacciato e incauto, caduto in una dolce trappola di una Sibilla.
Quando lo accolse dentro di sé, sentì il suo sussulto e iniziò a danzare sopra di lui con grazia e passione, bloccandogli il respiro davanti alla visione dei seni che ballonzolavano su e giù al ritmo dell’amore. Dovette essere lei a prendere le sue mani e appoggiarsele sui fianchi, perchè nemmeno questo lui aveva avuto l’ardire di fare: quando le dita di Jacques sentirono la pelle della ragazza, e salirono fino ad accarezzare i capezzoli scuri, Sibilla sorrise e a lui sembrò che gli sorridesse Venere in persona discesa dall’Olimpo. Fecero l’amore silenziosamente, con la luce del giorno che si faceva sempre più opaca man mano che il sole scendeva dietro l’orizzonte, e a nulla valsero gli sforzi di Madame de Lilè che origliava con l’orecchio appoggiato alla porta della camera da letto.
Quando Monsieur Jacques uscì dalla stanza, la Signora mordeva ancora preoccupata il fazzoletto di pizzo bianco, seduta sul divanetto stile Ottocento dell’atrio: non appena vide la sua espressione stravolta e soddisfatta le si aprì un largo e mellifluo sorriso sul viso. Lui le allungò una borsa tintinnante di denaro e alla Madame si illuminarono gli occhi quando, soppesandola, capì che lì dentro doveva esserci almeno il doppio del prezzo concordato.
“Tornerò” le disse Jacques in tono calmo “ma a patto che Sibille sia solo mia. Non deve essere di nessun altro. E se verrò a sapere che va con altri clienti confischerò questa casa e farò mettere lei ai lavori forzati, Madame de Lilè. Posso contare sulla sua collaborazione?”
La Signora a quelle parole si bloccò. Divenne rossa e cerco imbarazzata di dire qualcosa, ma lo sguardo eloquente dell’uomo le suggerì di accettare la proposta se non voleva finire come le aveva promesso il Monsieur.
“Certamente, sì. Sono al suo servizio, Primo Ministro. Come sempre.”


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