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Una medievista con la faccia da cartone animato - 2 - Romanzo chick lit

 
Ero riuscita ad evitare la serata-pacco e figurati se non mi chiama lei... “Elena, devo studiare! Tu hai la minima idea di che cosa significhi dover portare in due giorni un pezzo che teoricamente si dovrebbe scrivere in una settimana?” dall’altro capo del filo, il silenzio. Lancio un’occhiata al libro minaccioso di ottocento pagine che mi attende sul tavolo dello studio e rabbrividisco: non sono nemmeno arrivata alla metà.
“Ok, lo so che è una domanda difficile, provo a riformularla in modo che tu possa capire: conosci la sensazione meravigliosa che si prova quando ci si presenta a una festa importante dopo aver passato una giornata intera al beauty farm a farsi bella, vero? Bene, prova a immaginare di aver avuto solo gli ultimi due minuti per prepararti...”
“Arghhhhhh!! Che cosa atroce!!” sapevo che con questo esempio pratico avrebbe capito al volo “ma Giulia, è questione di vita o di morte.. lui potrebbe farmi tornare la voglia di sperare nell’amore eterno, lo capisci vero?” inutile, non demorde.
“Di nuovo questa frase.. quante volte l’ho sentita? E che cosa avrebbe questo tizio...”
“Fabio, si chiama Fabio!” mi corregge lei: guai se chiamo tipo o tizio il ragazzo che le interessa, nella sua scala di valori è un peccato mortale dimenticare i nomi. Beata lei che ha memoria e ci riesce, io al posto suo sarei già diventata pazza: ricordarne circa uno a settimana non è impresa da poco.
“Bene, che cosa avrebbe Fabio per apparirti così speciale?” sentiamo che cosa si inventa questa volta.
“Tu non hai idea, Giulia, davvero... è una cosa fantastica, è un surrogato di dolcezza..”
“Ah sì? Un surrogato? Tipo l’aspartame?” sono sconvolta.
“Cioè?” chiede stranita.
“Spero tu volessi dire concentrato di dolcezza, perchè se è un surrogato come dici temo sarà una serata piuttosto aspra, Elena” sicuramente non ha capito la battuta.
“Beh, me lo fai allora questo piacerino? Tipregotipregotipregooo...”
Al diavolo Matilde di Canossa! Come negare un favore a un’amica?
“Ok Ele, ok.. ci sono: facciamo questa uscita a quattro e non pensiamoci mai più! E che Dio ce la mandi buona, sennò me la ripaghi con gli interessi!”
Riattacco la cornetta abbastanza alterata, ma tanto è inutile arrabbiarsi. Tanto ormai ho deciso. Metto il segnalibro e chiudo il tomo: pesa circa quanto me, forse qualche chilo in meno. Devo finirla questa tesi, concluderla una volta per tutte, il tempo stringe e il professore diventa sempre più sfuggente, sempre più introvabile, sempre più sclerotico. Stamane ho fatto un altro giro a vuoto: ora si mette a dare anche gli appuntamenti e se li dimentica, e così la cogliona perde tempo prezioso per niente. Se non altro stavolta m’è andata bene, visto che non avevo preparato proprio nulla. Ho la testa pesante, non riesco a combinare niente, troppi pensieri... poi c’è Cal che mi gira in testa senza darmi tregua. E io invece devo pensare a troppe cose, alla laurea, al lavoro...
Apro l’armadio senza la minima idea di che cosa mettermi, ma tanto a chi importa come sono vestita: un jeans, una camicetta nera leggermente trasparente per valorizzarmi, gli stivali alti e sto a posto. Tanto per quello che mi aspetta questa sera... se è come l’ultima volta, due anni fa, mi sono ritrovata faccia a faccia con un ottuso che parlava per aforismi e proverbi e si sentiva il re del mondo. Pretendeva di insegnare a tutti come si deve vivere, e voleva una donna che gli rammendasse le mutande senza badare alle sue scappatelle: io non ho poi tutto questo tempo da perdere. Dopo quella volta non ho più voluto saperne di uscite a quattro dove il terzo è un estraneo e il quarto è un perfetto sconosciuto: le idee di Elena in questo campo lasciano sempre a desiderare.

Temevo una serata atroce, ma non così atroce. Dopo una veloce presentazione, eccomi seduta al tavolo con Elena e due consumatori di ossigeno abusivi. Al solito Ele non si smentisce: il suo gusto per gli uomini spazia dal palestrato senza cervello al figlio di papà che fa dell’ostentazione la sua maggiore attrattiva. Ci credo che poi si consola con le ragazze. Se questo Fabio, la novità, è il futuro Principe Azzurro allora io sono la Fata Turchina.
Come sempre in queste occasioni, quando mi trovo davanti persone che non conosco, ascolto e studio, mi piace di più: non posso nascondere però che in questo caso non avrei comunque nulla da dire. Fabio è il classico egocentrico che non parla di altro che di se stesso, delle sue conquiste, della sua villa in Sardegna, della sue vacanze in barca, delle feste coi VIP che organizza lui stesso, dei suoi grandiosi progetti futuri. Scialbo. Narciso. Ho dovuto per ben due volte dissimulare uno sbadiglio e ho notato Elena guardarmi con aria interrogativa: oh certo, lei lo troverà sicuramente interessante e stimolante, non c’è dubbio, non può capire il mio stato di povera infelice. Sono un’incompresa.
Il problema è che diffido dalle persone che si lodano da sole e credono che avere amicizie importanti o con personaggi da copertina li metta automaticamente su un piano più elevato rispetto agli altri: io mi fido invece di quelle che parlano poco e dimostrano coi fatti di avere le palle. Elena è esattamente il mio contrario: la vedo guardarlo come inebetita, rapita e affascinata dalla sua gestualità artefatta. Secondo me l’ha studiata davanti a uno specchio, possibile che solo io non veda nessuna traccia di spontaneità in come si muove e in quello che dice? Il suo amico invece vive di luce riflessa, limitandosi ad annuire e a confermare quello che racconta il “boss”. Ragazzi, se questa è la scelta sulla piazza probabilmente mi faccio suora, mi faccio crescere i baffi e mi chiudo in clausura; oppure no, meglio ancora, rimango zitella fino ai quarant’anni, quando mi ritroverò a sposare per la disperazione uno più giovane di me, che ovviamente dovrò mantenere. Mioddio che visioni orribili, ma ci mettono degli allucinogeni in queste bevande?!?
Comunque sia, potrebbe andare peggio... ad esempio, potrebbero cercare di coinvolgermi in questa sorta di conversazione, che è più un monologo pieno di fanfaronate. Non so per quanto tempo potrei sopportarla, dopotutto sono qui per fare un semplice favore a un’amica, non ricevo compenso alcuno. Dovrei farmi pagare?
“Giulia, bel nome davvero... che fai nella vita?” ecco, appunto, è arrivato il peggio. Odio sorbirmi la mia tisana rinfrescante ascoltando qualcuno che finge di essere interessato a quello che faccio, quando è da almeno 10 minuti che mi fissa le tette e cerca di capire come sono le mie cosce. Accenno a un sorriso di convenienza, poi lancio ad Elena un’occhiata di fuoco.
“Mi sto laureando in Storia Medievale” rispondo senza far trasparire la minima emozione, il solito tono neutro di chi si aspetta già quello che verrà dopo.
“Wow, ho sempre amato quel periodo!” sì, come no. Ci credo. E’ già tanto se mi sa dire date indicative di inizio e fine, ci scommetto.
“Già, è un’epoca affascinante, piena di contraddizioni” gli faccio eco. Sentiamo un po’ che cosa mi risponde, sono curiosa.
“Ho sempre sognato di essere un cavaliere!” mioddio, che originalità. Ma perchè nessuno mi dice mai che vorrebbe essere un eretico, o un bannato, o un poveraccio che si mangia radici per sopravvivere? Certo che da uno come questo, che vuole diventare come Briatore, non ci si può aspettare altro.
“Beh, forse hai un’immagine un po’ romantica della cavalleria, è stata assai distorta col tempo... non tutto oro è quel che luccica” avrà visto qualche film hollywoodiano, come sempre scopro in questi casi.
“Sai, il mio film preferito è Bravehearth” infatti... tutto nella norma.
“Molto bello sì” meglio assecondarlo.
“Mel Gibson in quel film è troppo figo!” al solito l’intervento di Elena spazia verso argomentazioni più concrete. Se non altro ha il potere di sviare dal punto fondamentale, cosa non indifferente in momenti particolarmente imbarazzanti come questo.
“Dai Elena! E’ incredibile! A voi donne basta che uno sia un superfigo e subito non pensate più ad altro!” dopo questa grande battuta, il gatto e la volpe si mettono a ridacchiare lanciandosi occhiate eloquenti. Passi la banalità, passi l’ignoranza, ma adesso pure le frasi fatte e i luoghi comuni?! E da che pulpito poi!!
“Beh, non è carino generalizzare. Considerando poi che è da quando ci siamo stretti la mano che non mi hai mai guardato negli occhi mentre ti parlavo, è anche piuttosto ridicolo, ti pare?” mi spiace rovinare la serata. A dire il vero non mi spiace affatto, solo un po’ per Elena che col suo tipo ce la stava mettendo tutta. Chissà quante calorie avrà bruciato a tenere la bocca aperta le orecchie tese e i sensi vigili per assecondare la sua vanità.
“Scusa?” ribatte lui con voce sorpresa.



Estratto dal settimo capitolo del romanzo "Una medievista con la faccia da cartone animato" di Eliselle


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