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Ricordo la tua bocca - Eros

 
Ricordo che la prima volta riuscii a resisterti.
Non fu difficile, a dire il vero: tu eri troppo occupato a fissare e ad assaporare con la fantasia il seno lussurioso della tua vicina di posto, che si ingozzava di Nutella immergendo impudica e maliziosa il dito intero nel vasetto, appena aperto e già consumato di un terzo. Eravamo circa un centinaio quella sera a cena, e tu avesti la fortuna (o la iella) di ritrovarti accanto alla ragazza più appariscente della compagnia. Molti ti lanciavano occhiate di fuoco, altri ti prendevano in giro, probabilmente perchè avrebbero voluto essere loro al tuo posto. Io mi limitavo a fare quattro chiacchere con le persone accanto a me più simpatiche e loquaci, senza dare peso ai commenti al curaro e ai pettegolezzi velenosi che fioccavano da ogni parte.
Lo avevo capito subito che amavi le donne con la quinta di reggiseno in su: ti brillavano gli occhi mentre facevi finta di ascoltare quello che diceva, ma si vedeva benissimo che gliele mangiavi con lo sguardo. Mentre ti parlava del suo cagnolino Fuffy che si era preso l’influenza fuori stagione, chissà che cosa stavi facendo con quelle tette. Magari glielo infilavi in mezzo dopo averle leccate per bene. Sicuramente era così. Non ti ho mai chiesto la conferma.
La giunonica commensale che ti eri ritrovato di fianco assorbiva tutte le tue attenzioni ed energie. A questo fatto innegabile, si aggiungeva il mio amore per il gioco, il mio desiderio di lasciarmi corteggiare senza concedermi oltre. La cosa mi rendeva ancora più insignificante ai tuoi occhi, tu che avevi l’abitudine di prendere tutto e subito, e giudicavi spesso dalle apparenze soprattutto chi non te la dava: “Mi sei sembrata un’antipaticissima snob” mi dicesti in seguito. Questa la tua prima impressione su di me. Ma il numero di cellulare me lo chiedesti lo stesso, “così, per sicurezza”. Più per sfida, dico io. Lo dico ora, che ti conosco meglio e posso comprendere.
Ricordo che iniziò tutto da un messaggio.
“Quanti appuntamenti nel carnet, oggi?”
In quelle parole lessi il tuo interesse e mi chiesi fino a che punto avresti potuto o voluto spingerti per riuscire ad ottenere quello che desideravi. Ti risposi con ironia dicendo che probabilmente il carnet della ragazza che avevi al tuo fianco la sera della cena era strapieno, a scapito del mio che era terribilmente vuoto. Cogliesti la palla al balzo e mi chiedesti di uscire. Io con entusiasmo accettai. Fu quella sera che mi confessasti che, conoscendomi meglio, ti ero apparsa diversa da ciò che ero. La stessa sera che ti diedi il primo bacio, assaporando le tue labbra al sapore di fragola.
La caipiroska era il tuo cocktail preferito, dicevi che era proprio il suo colore ad intrigarti e a suggerirti il suo autentico significato: il rosso del succo di fragola simboleggiava la passione, e unito all’amaro del lime e al fuoco della vodka rendeva bene l’idea che avevi tu dell’amore. Dolce, doloroso, straziante, sublime. Ne bevesti due e ne facesti bere uno anche a me. Quando ti baciai, mordendo e leccando la tua bocca morbida e carnosa senza sentirmi sazia, il bruciore del mio stomaco non abituato all’alcool mi mise in guardia dall’andare oltre, ma ero troppo presa in quel momento per dargli ascolto. Avrei dovuto dare più peso a quel segnale.
Ricordo che fu il senso del proibito a conquistarmi.
Con te potevo sperimentare tutto ciò che fino a quel momento avevo letto e visto solo nei romanzi, nei film e nelle riviste di eros. La mia sessualità assunse nuove, violente e intense sfumature dopo che arrivasti tu, sfumature su cui prima potevo solo fantasticare. Mi succedeva spesso di pensarti mentre mi toccavo a gambe aperte, appoggiate sulla scrivania del mio studio, procurandomi piacere: tu eri il mio immaginario erotico incarnato. Lo avevi infilato ovunque, esplorando luoghi che nessuno mai aveva esplorato prima di te. Mi avevi scopata in ogni stanza, in ogni vano, ogni qualvolta te ne veniva desiderio, e sapevi infiammarmi con quella tua aria consumata e appassionata di chi il sesso lo sa fare e assaporare fino all’ultimo. Quella di chi il sesso lo sa insegnare e lo sa fare apprezzare.
Solo quello avevi di buono.
Ricordo che fu una tua frase ad aprirmi gli occhi.
Me li aprì di colpo, e fu dolorosa come una pugnalata che mi lacerava la schiena dove solo un attimo prima era scivolata una carezza. Me li aprì su quello che non avevo voluto vedere. La tua frase disonesta e assassina mi fece comprendere il tuo gioco sporco.
“Non posso, questa sera ho altre misure a cui pensare.”
Fu solo allora che vidi davvero. La volta che mi mandasti il messaggio per conoscere lo stato del mio carnet non era per interesse autentico, era per ripiego. E quando scopristi che anche con la mia modesta terza riuscivo a farti godere, decidesti di tenermi come allieva. Probabilmente ti era piaciuta la mia bocca, che sapeva tacere per solleticarti ed accoglierti a dovere. Ti erano piaciute le mie mani, così apparentemente distaccate e fredde, che sapevano regalare calore e piacere. Ti era piaciuta la mia fragola, me lo dicevi senza remore. Ti eri divertito a esplorarmi, dopotutto, e a questo avevi dedicato tempo. Più tempo di quanto avevi deciso o previsto.
E adesso che ti vedo lì, seduto al tavolino con la nota “miss quinta misura”, ho una grande voglia di chiedere al cameriere un barattolo gigante di Nutella e rovesciarlo addosso ad entrambi. Tutti e due. Lei, che evidentemente non ti scopa abbastanza bene da riuscire a tenerti stretto e ti permette di prenderti gioco delle altre donne. Tu, che ridi come un idiota, fingendoti interessato e fissandole le tette mentre lei ti parla di chissà che cosa.
Invece, chiamo il cameriere e ti faccio portare una caipiroska alla fragola: il succo dell’amore, il tuo cocktail preferito. Ti osservo mentre te lo serve sussurrandoti all’orecchio che è un omaggio da parte di una signorina. Ti guardi attorno spaesato. Quando mi vedi seduta al bancone cambi espressione. Sollevo la mia vodka e faccio segno di augurarti buona salute, la butto giù in un solo sorso ed esco dal locale con lo stomaco in fiamme.
Avrei dovuto ascoltare il mio bruciore di stomaco quando era il momento.


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