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Senza vergogna - Eros Riflessioni

 
Mi hai sbattuto il telefono in faccia.
No, dico. Mi hai sbattuto in faccia il telefono. E ti pare nulla?

Questo mese è la seconda volta. Stupida io che ti sto ancora a chiamare.
Stupida io, che non riesco a fare a meno di te. Se non ti sento per due giorni, mi manca l’aria. Se non ti vedo ogni quattro, entro in paranoia. Se non facciamo l’amore almeno una volta a settimana, divento isterica.
Se non facciamo l’amore... come odi questo mio modo di dire. Lo trovi obsoleto, dici. In realtà so benissimo che lo trovi fuori luogo, per definire e descrivere i nostri momenti di unione carnale. Tu sei più diretto. Sei più realista. Tu parli di scopate, di sesso, di fisicità. Non è prevista, nella tua definizione del nostro rapporto, la sfumatura spirituale. Nè useresti mai il termine “sentimentale”. Io e te siamo due corpi, e fine della storia.

Due corpi che si compenetrano e ansimano, che sudano e si contorcono l’uno sull’altro in spasimi di godimento, due corpi che si ammaccano una volta a settimana, nei ritagli di tempo lontani da tua moglie e da tua figlia, dal jogging e dal tennis, dalla sauna e dal circolo. Lontani dai tuoi amici, coi quali parli di chissà che cosa, riguardo a noi. Dimenticavo, non esiste la parola noi. Esiste “tu” e “io”. Due singolarità che si ritrovano, per caso, a condividere qualche ora in una camera d’albergo a ore.

Io sono il giocattolo sessuale, il gingillo pericoloso. Io sono quella con cui ti vanti con Franco, il tuo collega di lavoro e compagno di avventure da una vita. Me ne hai parlato spesso, elogiandolo e definendolo “come un fratello”, e credo che ormai lui sappia di me più di quanto io so di me stessa.

Saprà quanto sono brava a succhiarti e a cavalcarti? Saprà quanto sono brava a baciare? Me lo hanno sempre detto tutti, fin dall’adolescenza, che muovo bene la lingua. Sensuale, senza essere invadente, morbida, senza togliere il respiro. E’ importante, il bacio: ti svela tanto di una persona, soprattutto quando la conosci poco e non sai com’è a letto. Ti dice se è disinibita o timida, se è volgare o raffinata. Mi sono sbagliata poche volte, nella mia carriera di baciatrice.

Un primo errore l’ho commesso a vent’anni, con quell’ingegniere di qualche anno in più di me: da come mi mordicchiava le labbra, con voluttà e desiderio, lo credevo una bomba. Fu una delle nottate più deludenti di tutta la mia vita. Imbranato, veloce, egoista. Ci mise due minuti a venire, e mi lasciò come un’idiota a gambe all’aria, insoddisfatta, mentre mi voltava la schiena ringraziandomi della bottarella. Ironia della sorte, si addormentò come un ghiro e si mise pure a russare in meno di cinque minuti. Non mi sentì nemmeno uscire. Da quel giorno ci misi la x rossa sopra e non lo vidi mai più.

Il secondo e ultimo errore, in ordine di tempo? Sei stato tu, naturalmente. Ed è un errore che mi sta costando caro. Quando ci siamo baciati la prima volta, fuori da quel locale, ho pensato subito: “Cazzo, questo sì che ci sa fare!”. Da quel bacio avevo tratto un’analisi che corrispondeva, probabilmente, più ai miei desideri inconsci che alla realtà. Sai, ogni tanto mi psicanalizzo da sola, per capire come diamine ho potuto ridurmi così. Non trovo altre spiegazioni che questa. Mi ero lasciata fuorviare e ingannare dal tuo tocco, deciso e delicato.

Potevi anche tenerla, la fede al dito. Ti sarei stata alla larga. Avevo addirittura creduto che fossi un single, o un divorziato che non aveva una donna da secoli, pensa che stupida. Quando le nostre bocche si sono assaggiate, e le nostre lingue si sono unite, ho sentito in contemporanea un’esplosione di neuroni in testa e una al basso ventre.

Quando ti trovi in questa situazione, c’è sempre da affrontare un piccolo problema. L’esplosione in basso, una volta che sei finito a letto, si placa e non dà più noia. I neuroni, invece, una volta scoppiati non si ricreano più. Dev’essere per questo che sento di aver perso completamente la testa, e che mi pare d’essere un’imbecille completa. Un po’ come quelli che si fanno i trip e calano qualche pasticca in discoteca per sballarsi. E’ già un miracolo che io sappia ancora mettere le parole in fila, quando mi lancio in un discorso.

Con gli altri mi controllo. Con te, non riesco. Mi sento annientata, e quando chiudi d’improvviso il cellulare senza salutarmi e mi mandi a quel paese perché ti ho chiamato in un momento inopportuno, non sono capace di replicare.

Dicono che gli uomini, quando si trovano davanti a una donna che li accende, staccano il cervello e pensano con la terza gamba, perché il sangue affluisce tutto lì e non ragionano più. Lo dicono le donne, quelle tradite o quelle frustrate da storie d’amore deludenti, ma ho sentito qualche uomo affermarlo senza la minima vergogna. Allora sento che non devo vergognarmi, se per passare qualche ora d’amore con te sono disposta a mettere tutto da parte. A staccare completamente tutto. Non devo vergognarmene, vero? Nemmeno se sono una donna, e non ho la scusa della terza gamba. Vero?

L’orgoglio, l’amor proprio, la dignità, la rispettabilità. Tutte cose che hanno lo stesso valore della carta igienica, quando si accende il display del mio cellulare e vedo arrivare un tuo messaggio, che mi dice ora e luogo dell’appuntamento. E proprio come si fa con la carta igienica, basta premere un pulsante e l’acqua del cesso porta via tutto. Lo porta nelle fogne.

E’ per questo, che non mi importa quando mi sbatti in faccia il telefono. Non me ne importa nulla, non riesco a farci caso. Ci soffro, per un attimo. E poi?

Poi, passa.

Forse faccio parte di quella categoria di donne che amano solo se soffrono, e amano ancora di più se vengono trattate male. Me ne devo vergognare? Non credo. Non ci riesco. E quando mi arriva quel messaggio, è più forte di me: mi infilo il soprabito e ti raggiungo. Ma solo dopo aver tirato la catenella del cesso.


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